Etimologicamente parlando, la parola giudizio esprime un appunto, un parere, un punto di vista, che pero' il piu' delle volte si concretizza in una critica.
Quando decidiamo di intervenire, di dare la nostra opinione su una situazione, su un evento, alcune volte approviamo cio' che un'altra persona ha detto o fatto, ma questo accade assai di rado e soprattutto avviene quando il comportantamento sottoposto al nostro giudizio, risponde esattamente alla nostra etica, moralita' o semplice opinione.
Piu' di frequente, invece, cogliamo l'occasione per esprimere il nostro dissenso, per criticare o appunto, giudicare, chi secondo noi, ha compiuto l'errore.
Questo tipo di giudizio, pero', oltre a non essere assolutamente costruttivo, riporta costantemente la nostra attenzione al di fuori, convogliando i nostri pensieri su qualcun altro, qualcuno che non siamo noi.
Quando invece ci mettiamo nella condizione di accogliere l'altro, lo facciamo in assenza di giudizio.
Non giudicare non significa non aiutare, non significa inibire il nostro pensare, significa semplicemente dinamizzare la conversazione e puo' voler dire qualche volta, dover mettere in discussione il nostro punto di vista, la nostra posizione, il nostro giudizio appunto.
Ohsawa classificava il giudizio dividendolo per tappe consecutive, in cui ogni tappa evolveva, migliorandolo e contemporaneamente contenendolo, il livello di giudizio precedente.
Dal giudizio meccanico, al sensoriale, al sociale, all'ideologico, il passo c'e', ma e' tutt'altro che risolutivo.
Esercitando il giudizio nelle sue prime forme, esprimiamo sempre una visione parziale, velata, cieca, dunque non manifestiamo totalita' e, di conseguenza, non possiamo assolutamente ergerci a giudici. Per essere giudici occorre possedere l'indispensabile caratteristica dell'imparzialita'.
Sforziamoci dunque costantemente, espandiamo, soddisfiamo, sperimentiamo, cerchiamo e troviamo il fondo dei nostri bassi giudizi, in modo che il nostro punto di vista sia sempre piu' ampio, le nostre osservazioni sempre piu' acute, l'aiuto che possiamo dare a noi stessi e agli altri sempre piu' prezioso.
Ecco come restituire valore ad un attitudine che l'uomo occidentale del ventunesimo secolo, ha relegato alla sua piu' bassa manifestazione.
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