giovedì 27 dicembre 2012

Perche' Lavorare Meno


Cercare il lavoro, trovare il lavoro, perdere il lavoro.
Dal momento della nostra nascita, ci vengono trasmesse diverse certezze, che, inevitabilmente, senza essere nemmeno ragionate, iniziano a guidare i nostri primi anni di vita.
Andando indietro di qualche generazione, i nostri bisnonni, sicuramente meno organizzati dal punto di vista sociale, o meglio, organizzati in nuclei piu' piccoli caratterizzati da minor scambi, non dovendo sottostare alle regole della globalizzazione, insegnavano ai loro figli la sola certezza esistente e cioe' che se si nasce si deve senza ombra di dubbio morire.
Il lavoro diveniva cosi' una conseguenza diretta del vivere, finalizzato solo ed esclusivamente al soddisfacimento dei bisogni primari propri e del proprio nucleo familiare.
Dunque, si lavorava a a casa, si lavorava nei campi, ma il tempo dedicato al lavoro era sempre ben definito, esso era speso principalmente per provvedere all'approvigionamento annuo di legna per riscaldarsi, di grano per fare il pane, di bestiame per poter produrre burro o latte, quest'ultimo usato come merce di scambio per poter avere prodotti non cosi' facilmente accessibili come olio, caffe', a volte zucchero.
Questa misura era altresi' equa perche' maggiori erano i membri della famiglia, maggiore era il lavoro da svolgere e di conseguenza,  maggiore era anche la manodopera sulla quale si poteva contare.
Come sempre pero', quando si slegano i concetti dal loro contesto, viene a mancare la catena di razionalita' che li governa.
Inseriti  in un contesto comunitario, nazionale, mondiale, i nostri genitori, noi, i nostri figli, siamo stati educati ed abituati a vendere le nostre ore all'esterno in cambio di denaro, che a sua volta ci serve per acquistare si' cibo, ma anche tanti, tanti oggetti e servizi.
Le nostre ore sono sottoretribuite, i nostri bisogni sono sovralimentati e.... il giorno e' composto di sole 24 ore.
Per quante ore di lavoro facciamo all'esterno scaturiscono sempre nuovi bisogni, primari e non, bisogni  abilmente creati a seguito di un modello di stile imperante e confezionati da un' industria del marketing feconda ed altamente evoluta.
Lavorare meno non significa privarsi dell'essenziale, significa cernire i nostri bisogni, decurtare quelli di cui si puo' fare a meno senza che ci sia alcuna ripercussione, e mantenere quelli indispensabili, vitali.
Scopriremo di dover o meglio di poter diminuire enormemente le ore vendute al lavoro.
Semplificare la nostra vita e' un compito che compete ad ognuno di noi e che nessun altro puo' fare al posto nostro.
Solo personalmente e, in maniera cosciente, possiamo mettere le nostre necessita' una ad una sul piatto della bilancia e, scegliere a cosa e in quale misura possiamo rinunciare, in cambio ovviamente di preziose ore per noi.
Ore per curare i nostri figli, la nostra casa, il nostro orto, i nostri genitori e i nostri amici, ma soprattutto ore per prenderci cura di noi stessi, del nostro fisico, della nostra psiche, della nostra anima.
Vi prego non aspettate la pensione........

venerdì 21 dicembre 2012

La Quantita' Modifica la Qualita'


Quando e come la quantita' modifica la qualita'?
La risposta alla nostra prima domanda e', sempre.
In ogni occasione e per qualsiasi alimento, funzione, situazione, la quantita' va a modificare la qualita'.
Resta solo da determinare il come. Nel campo degli alimenti per esempio, un cibo estremamente equilibrato e saziante come il cereale integrale, se assunto in dosi eccessive appesantisce la nostra digestione, alzando l'indice glicemico e provocando difficolta' di evacuazione.
Cosi' avviene per l'acqua, dissetante e diluente nelle sue dosi ottimali, quanto gonfiante, dilavante  o affaticante se superati i quantitativi.
E che dire del sale, ottimo integratore, antibiotico naturale ed esaltatore del sapore dei cibi che lo contengono, ma, se abusato, ipertensivo, ammazza gusto e contrattivo in maniera tale da impedire il buon funzionamento di organi quali i reni e lo stomaco.
Infine prendiamo pure in esame anche la frutta, rilassante, preziosamente rinfrescante nei giorni della calura estiva, fondamentale apporto di acqua zuccherina, ricca di minerali indispensabili per il buon funzionamento del nostro corpo, ma che, a seguito di un uso improprio, puo' trasformarsi in un grande agente flemmatico, inducendoci a picchi glicemici, fino a provocare fastidiosi disturbi sia alla vescica (cistiti) che all'intestino (fermentazioni).
Questo elenco potrebbe essere lungo sette volte sette e in tal caso si prenderebbero in  esame tutti i cibi che apparecchiano le nostre tavole, siano essi vegetali, animali o chimici.
Ma essendo gia' chiaro il meccanismo, possiamo fare lo stesso ragionamento per il mondo delle relazioni o quello del vivere, capendo bene che il discorso quantitativo diviene indispensabile per ogni considerazione che coinvolga la nostra esistenza.
Cosi' anche l'attivita' sia essa retribuita o no, punto focale della nostra giornata, ottimo riscaldante se praticata d'inverno, facilitatrice nell'eliminazione delle tossine metaboliche, nonche' determinante nel conseguimento dei nostri obiettivi, si tramuta in ossessione cieca, grandissima fonte di fattori yanghizzanti, nonche' produttrice di acidi conseguenti allo sforzo eccessivo della sua pratica.
Per ultimo, l'amore. Si, proprio quella forza intensa che ci avvolge e nobilita, mettendoci al  centro del mondo, anche l'amore se abbondamente espresso,  volge in prigionia per chi lo subisce e ossessione per chi lo esercita, per contro se scarsamente manifestato diviene portatore di serilita' ed egoismo.
Una cara amica rivolgendosi alla madre eccessivamente amorevole la prego' di "amarla meno".
Questa frase rivelatami all'eta' di 18 anni mi illumino' letteralmente, dandomi un primo assaggio del come il troppo "stroppia".
Qual'e' la giusta quantita'?
Credo di poter affermare con assoluta certezza che non si possa quantificare la quantita' ottimale a prescindere, o meglio per ognuno di noi esiste una quantita' precisa in relazione al nostro essere, al nostro ambiente, al nostro trascorso, alle nostre prospettive. Insomma, in questo caso, come in molti altri casi, la soggettivita' la fa da padrona.

martedì 18 dicembre 2012

Adam Lanza Perche' Essere Vegetariani Non Basta


Adam Lanza il ragazzo poco piu' che adoloscente responsabile della recente strage di Newtown ebbene si' e' vegetariano, anzi vegano e sceglie solo ed esclusivamente cibi biologici. Come spiegare allora il suo comportamento?
Come tenere alta la bandiera delle proprie scelte quando personaggi come Adolf Hittler o questo timido ragazzo americano ci portano a riflettere su come, a volte, essere vegetariani non basti.
La scelta vegetariana o vegana quasi sempre e' espressione di un giudizio sentimentale, secondo il quale a nostro parere sembra corretto non mangiare animali o prodotti da loro derivati per evitare che altri esseri viventi soffrano.
La sofferenza provocata dalla loro morte o dalla costrizione da noi esercitata per poter usufruire del latte e delle uova, pare essere l'unica se non la principale spinta a salvaguardarci dal consumo di cibo carneo; ogni altra considerazione passa in secondo piano o non viene per nulla presa in esame.
La filosofia Macrobiotica,  espressione del giudizio intellettuale, cioe' un gradino piu' in su rispetto al giudizio sentimentale, pur apparentemente  arrivando alla "stessa" impostazione alimentare, ci costringe a tenere in considerazione aspetti molteplici quali si' la compassione verso i nostri piccoli amici, ma anche e soprattutto la nostra salute, il nostro equilibrio.
Molte volte chi sceglie di non mangiare carne lo fa assecondando una grande pigrizia che lo spinge a semplificare la propria dieta evitando cosi' di cucinare.
Escludendo il mondo animale, chi sceglie non valutando attentamente cio' che sta facendo e omettendo di mettere al centro di ogni ragionamento prima di tutto la propria salute vista a tutto campo, finisce per pranzare con insalate, pane bianco, pasta bianca, tanta frutta e generose porzioni di dolci.
Questa alimentazione tipica di tanti ragazzi che sono poi approdati alla Macrobiotica per provare a risolvere i propri disequilibri, porta ad un eccesso di fattori espansivi o meglio ad un' assenza di fattori contrattivi. Le persone sofferenti di questo squilibrio divengono fredde, passive, i loro pensieri sono sempre e costantemente proiettati verso il futuro, non vivono il presente, divengono crudeli, vendicative ed esclusiviste ed estremamente paurose.
La mancanza di energia contraente impedisce all'individuo di rinforzare il proprio nucleo yang, indebolendolo costantemente e rendendo il confronto con l'esterno sempre piu' problematico.
Questo risulta essere anche il ritratto ufficiale di Adam Lanza. 
Questo risulta essere un reale pericolo per ognuno di noi.
Sposiamo pure l'auspicabile scelta vegetariana, ma non dimentichiamo di capire esattamente cosa, l'esclusione di una fetta cosi' importante di alimenti come quelli carnei, comporti.
La scelta Macrobiotica, a mio parere, risulta essere un migliorativo, un'ampliamento dell'importantissima scelta di non mangiare carne. Facciamo in modo di arrivare ad una simile conclusione dopo aver capito cosa ci serve per rimanere in salute e quale energia muova un alimento rispetto ad un altro, insomma dopo aver capito il reale valore yin yang di ogni singolo prodotto.
Scegliere di non mangiare carne costa enorme fatica, grandissimo impegno, e soprattutto approfondite riflessioni.
Essere vegetariani diverra' cosi' una conseguenza di un modello di pensiero evoluto e non il capriccio di chi non riesce a vedere che anche gli  esseri assolutamente viventi del mondo vegetale non hanno occhi ma ci guardano, non hanno bocca ma ci parlano, non hanno anima ma con la loro grazia ci illuminano.

giovedì 13 dicembre 2012

Largo ai Giovani


Dato di fatto: la maggioranza della classe dirigenziale e non solo, a livello mondiale, e' occupata da vecchi, di conseguenza interdetta ai giovani.
Ci siamo mai presi la briga di ascoltare con attenzione e senza alcun pregiudizio un giovane?
Credo proprio di no, perche' se solo lo avessimo fatto almeno una volta , avremmo capito che i ragazzi meritano tutta, ma proprio tutta, la nostra fiducia.
Ricordo con piacere una frase che mi e' capitato spesso di sentire da bambina, per bocca di qualche anziano, il cui pensiero saggio fosse in grado di rappresentare degnamente il secolo che esso portava sulla spalle, e questa frase suonava proprio in questi termini: la vita e' una ruota che gira.
Allora l'oriente non e' poi cosi' lontano!! Allora la consapevolezza umana scavalca quelle barriere illusorie e frammentarie che sono le provincie, le regioni, gli stati, le nazioni.
Allora, quando l'uomo osserva e comprende, sia che lo faccia da sotto il Colosseo, o ai piedi del Tibet, arriva alle stesse semplici conclusioni.
Capisce che le diverse fasi della vita richiedono compiti, aspettative e missioni diverse.
Capisce che, quando si e' giovani si e' dominati dall'impulsivita', ma anche dalla purezza e dalla speranza e che, man mano crescendo lasceranno spazio ad una maggior tendenza alla riflessione ma, anche, ad un'animo sempre meno "pulito".
I giovani divorano la vita,  ci si approcciano con la voracita' tipica di chi sia a digiuno da lungo tempo e la curiosita' di chi non sa nulla ma vorrebbe sapere proprio tutto.
Quando l'anziano lascia, compie il piu' grande gesto di altruismo. Quando lascia coscientemente, lascia sapendo di lasciare anche il proprio egoismo, abbandonando anche la naturale tendenza del giovane a "dimostrare", assecondando la meravigliosa esigenza dell'uomo maturo di "prendersi cura di se', della propria psiche, del proprio fisico, della propria anima.
Sta all'adulto, alla sua maturita', al suo essere sempre avanti, aiutare, accompagnare, istruire ed indirizzare il giovane, e sta sempre all'adulto, arrivato il giusto tempo, seguire il giovane senza prevaricarlo, presenziare senza imporsi, per,  definitivamente abbandonare.
L'uomo del ventunesimo secolo pero', tendenzialmente avido, fatica a compiere questo passaggio, e cerca in tutti i modi di preservarsi, di regalarsi l'immortalita'.
Con l'allungamento della vita media e il prolungamento dell'attivita' lavorativa , con la diffusione e il mantenimento del benessere, viene conseguentemente incentivata la nostra umana tendenza all'autoconservazione, all'aggrapparci con tutto la nostra forza alle nostre "certezze", ai nostri attaccamenti.
Ecco che cio' che il buon senso suggerirebbe viene sopraffatto dalle nostre debolezze e dal nostro scorretto agire.
Occorre che ci si sforzi pero' costantemente, ora come sempre di fare la cosa giusta.
E  giusto e' fare spazio ai giovani, fare spazio al rinnovamento, ma soprattutto semplicemente fare spazio.

sabato 8 dicembre 2012

La Vita Si Nutre di Vita, la Vita Non Si Nutre di Morte


L'evoluzione umana, se di evoluzione si puo' parlare, ha peggiorato enormemente la qualita' del nostro cibo, costringendoci a creare una scienza della nutrizione, quando, per migliaia di anni, non ce ne fu mai stata l'esigenza.
L'uomo e' l'unico animale che necessita una rieducazione alimentare, in quanto la perdita del contatto con Madre Natura e con se stesso, lo ha disorientato a tal punto, da inibire il prezioso Istinto, di cui ogni altro animale e pianta e' provvisto.
Ogni essere, giustamente inserito nel proprio ambiente, sa abilmente trarre da esso tutti i nutrienti di cui necessita per vivere, ad esclusione dell'uomo contemporaneo.
Ad esclusione soprattutto dell'uomo che, estrapolato dal suo habitat, costretto a vivere in luoghi cementificati, privato di aria e acqua pulita,  si trova nell'impossibilita' di provvedere autonomamente a se stesso.
L'uomo contemporaneo- urbano deve necessariamente acquistare il proprio cibo.
Esso puo' scegliere solo ed esclusivamente cio' che il mercato propone al prezzo che il mercato decide.
La sua scelta diventera' cosi', limitatissima.
Chi produce seleziona a monte varieta', pezzatura, tempi di produzione, raccolta e distribuzione.
Chi produce fa scelte legate alla facilitazione del proprio lavoro e all'ottimizzazione del proprio esclusivo guadagno.
Sulle tavole dell'uomo metropolitano arriva cibo morto. Le verdure gia' dopo tre, quattro giorni dalla raccolta non emettono piu' alcuna vibrazione vitale, perdendo vigore, vitalita' e tonicita' ed evaporando tutti i loro umori.
Ve ne potrete accorgere perche' recidendo un' insalata del vostro orto o un'erba spontanea, dalla ferita da taglio uscira' un odore pungente, vivo ed un succo, una linfa che manifesteranno la freschezza di cio' che state portando in tavola.
Per contro le verdure del supermercato sono quasi completamente inodori, appassiscono ancor prima di arrivare a casa e il loro succo sara' quasi totalmente assente.
Lo stesso discorso vale per la frutta. La frutta del supermercato viene raccolta ancora acerba in modo tale da consentirne il trasporto ed eventualmente lo stoccaggio. La sua maturazione e' solo presunta, il cambio di colore e' dovuto ad un processo degenerativo, quasi fermentativo.
Quando viene colto il frutto muore, ma soprattutto mancando il continuo contatto con la pianta, interrompe il processo di maturazione.
Per non parlare di carne e pesce. In questi casi anche l'occhio meno esperto puo' capire che quando mangiamo carne e pesce ci stiamo nutrendo di cadaveri.
Il ciclo di conservazione tramite la cosiddetta catena del freddo, rallenta provvisoriamente il processo decompositivo, che pero' risulta essere inevitabile.
Giungiamo infine al cibo chimico, un'alimento non alimento, che mancando completamente di una base naturale, rivela la completa assenza di energia vitale.
La vita si nutre di vita.
Quando la vita si nutre di morte, il processo quotidiano di disintossicazione diviene sempre piu' difficoltoso, i nostri processi di invecchiamento subiscono di conseguenza brusche accellerate, le malattie avanzano.
Ecco perche' diviene importante riappropriarsi del controllo del nostro cibo, ecco perche' diviene fondamentale ritornare alla terra, all'autosostentamento.
Impegnamoci  per accorciare i tempi che passano dal momento della raccolta al momento del consumo, ne guadagneremo in colore, sapore, odore, ma soprattutto ne trarra' giovamento il nostro corpo, la nostra mente, il nostro spirito.

sabato 1 dicembre 2012

Sogno, Incubo, Premonizione


Sognare ci consente di prolungare le ore di attivita' diurne.
Se le nostre giornate sono troppo poco movimentate, se la nostra quotidianita' manca di attivita' fisica o se, le calorie assunte, soprattutto con la cena, sono eccessive rispetto a quelle che riusciamo a smaltire, allora, le nostre nottate saranno incredibilmente"cariche".
Il nostro fisico cerchera' in tutti i modi di smaltire e lo fara' attraverso movimenti incontrollati, quali contrazioni delle estremita', agitazione generale che ci portera' a girarci e rigirarci nel letto, a volte sudando, talvolta  parlando.
Dal sogno all'incubo il passo e' breve, ma non troppo.
Diciamo che l'uomo ipernutrito dal corpo sano, semplicemente sogna, mentre l'uomo i cui organi presentano affaticamento o malattie, o il cui inconscio si rivela depositario di paure, rimorsi o rancori, produce incubi.
Attraverso l'incubo, l'eccesso calorico, anziche' prolungare gli accadimenti della giornata, sviluppandoli fantasticamente, come accade invece nel sogno, da' vita alle paure e ai rancori  consci e non, portandoci ad incarnarli oppure a risolverli tragicamente.
Chi equilibra la propria alimentazione, non sovraccaricando gli organi, rispettando la regola di non arrivare mai al pieno riempimento dello stomaco, cenando almeno 3 ore prima di coricarsi, non sogna.  Le sue notti sono tranquille, si risveglia esattamente nella stessa posizione nella quale si e' addormentato, e soprattutto non fa incubi.
Chi invece si abituera' attraverso una severa autocritica a mettere mano alle proprie manchevolezze, chi si sforzera' costantemente di manifestare la giustizia nel proprio operare, chi cerchera' di tendere alla buddita' in ogni singolo istante della propria vita, sognera' o meglio acquisira' la capacita' di prevedere gli eventi, anticipandoli.
Il suo sogno corrispondera' a quello che Ohsawa definiva chiaroveggenza o sogno "lucido", "cosciente", "ad occhi aperti".
Esso scaturira' direttamente dalla sintonizzazione, per cosi' dire, con il divino, con l'Universo tutto.
Egli "peschera'" dal mare dell 'Infinito informazioni utili sui prossimi accadimenti che riguarderanno il suo mondo.
Sara' cosi' in grado di leggere sulle tracce del presente il sentiero del futuro.
Non sara' un essere speciale, non sara' un mago, ne' un astrolgo, nemmeno un guru, semplicemente sara' colui che godra' di una salute per noi quasi impossibile da immaginare: la salute perfetta.
Diverra' come un' antenna ricevente puntata verso l'Uno. Attraversera' gli oceani del tempo, perche' il tempo e' un concetto esclusivamente appartenente all'uomo.
Capira' che l'attimo presente e' il prosieguo dell'istante passato, ma anche il seme del momento futuro.
Una piccola candela, dice il saggio, sara' sufficiente per illuminare una grotta disabitata da sempre.