martedì 27 novembre 2012

Senza Giudizio


Etimologicamente parlando, la parola giudizio esprime un appunto, un parere, un punto di vista, che pero' il piu' delle volte si concretizza in una critica.
Quando decidiamo di intervenire, di dare la nostra opinione su una situazione, su un evento, alcune volte approviamo cio' che un'altra persona ha detto o fatto, ma questo accade assai di rado e soprattutto avviene quando il comportantamento sottoposto al nostro giudizio, risponde esattamente alla nostra etica, moralita' o semplice opinione.
Piu' di frequente, invece, cogliamo l'occasione per esprimere il nostro dissenso, per criticare o appunto, giudicare, chi secondo noi, ha compiuto l'errore.
Questo tipo di giudizio, pero', oltre a non essere assolutamente costruttivo, riporta costantemente la nostra attenzione al di fuori, convogliando i nostri pensieri su qualcun altro, qualcuno che non siamo noi.
Quando invece ci mettiamo nella condizione di accogliere l'altro, lo facciamo in assenza di giudizio.
Non giudicare non significa non aiutare, non significa inibire il nostro pensare, significa semplicemente  dinamizzare la conversazione e puo' voler dire qualche volta, dover mettere in discussione il nostro punto di vista, la nostra posizione, il nostro giudizio appunto.
Ohsawa classificava il giudizio dividendolo per tappe consecutive, in cui ogni tappa evolveva, migliorandolo e contemporaneamente contenendolo, il livello di giudizio precedente.
Dal giudizio meccanico, al sensoriale, al sociale, all'ideologico, il passo c'e', ma e' tutt'altro che risolutivo.
Esercitando il giudizio nelle sue prime forme, esprimiamo sempre una visione parziale, velata, cieca, dunque non manifestiamo totalita' e, di conseguenza, non possiamo assolutamente ergerci a giudici. Per essere giudici occorre possedere l'indispensabile caratteristica dell'imparzialita'.
Con il settimo livello , il Giudizio Supremo o Assoluto, superiamo la dualita' e, accogliendo il monismo, abbattiamo tutte le differenze, capendo che ogni cosa, ogni situazione, ogni persona, rivela sia un aspetto positivo che un aspetto negativo e che assieme formano un insieme unico che, come tale, diviene ingiudicabile, non criticabile, assolutamente incontestabile. Astenerci dal giudizio diventera' cosi' una naturale attitudine, derivata dall'ampliamento di visione che ci dara' il giudizio svelato.
Sforziamoci dunque costantemente, espandiamo, soddisfiamo, sperimentiamo, cerchiamo e troviamo il fondo dei nostri bassi giudizi, in modo che il nostro punto di vista sia sempre piu' ampio, le nostre osservazioni sempre piu' acute, l'aiuto che possiamo dare a noi stessi e agli altri sempre piu' prezioso.
Ecco come restituire valore ad un attitudine che l'uomo occidentale del ventunesimo secolo, ha relegato alla sua piu' bassa manifestazione.

giovedì 22 novembre 2012

Non Mentire Mai....per Proteggere Se Stessi


La menzogna fa parte dell'uomo, o meglio fa parte dell'uomo non evoluto. 
Ci accompagna per tutta la vita e ha radici cosi' profonde da spingerci alla finzione, gia' dalla prima infanzia.
Mentire e nascondere non sono proprio la stessa cosa, anche se apparentemente gli effetti appaiono i medesimi.
A volte agiamo tenendo l'altro completamente all'oscuro di quello che stiamo facendo e, anche questa puo' essere definita una forma di menzogna.
Ma e' proprio dalla menzogna quella raccontata per proteggere soprattutto, anzi solamente noi stessi,  che Ohsawa ci esorta ad astenerci e, alla cui rinuncia  nel nostro abituale comportamento concorre, assieme all'astensione da altre scorrette attitudini, l'ottenimento del  massimo punteggio nella scalata alla salute.
Ci si riferisce alla tendenza a non dire la verita', totalmente o parzialmente, con il chiaro intento di preservare noi stessi, le nostre scorrette abitudini, i nostri ripetuti errori.
La bugia, in questi casi, e' finalizzata esclusivamente a coprirci, a consentirci di non cambiare.
Quando decidiamo di raccontare a qualcun altro, o peggio ancora di raccontarcela, intendiamo non assumerci la responsabilita' di quello che abbiamo fatto o meglio di noi stessi.
Si tratta di una bugia molto pericolosa perche' ci impedisce di evolvere. Preservarci in tal senso non e' funzionale all'ottenimento della nostra salute e del nostro benessere, al contrario e' sinonimo di malattia e malumore.
Tutte le volte che mentiamo ,  sapendo di mentire, impediamo alla nostra persona di guardare in faccia la realta', privandola del diritto/dovere di affrontare le manchevolezze che ci contraddistinguono, di lavorarci sopra e, di conseguenza, di arrivare a correggerle.
Quando arriviamo a capire che, mentendo per proteggere noi stessi, danneggiamo soprattutto noi stessi,  abbiamo gia' compreso tutto quello che ci serve.
La menzogna e' come un recinto che, si' ferma l'ingresso di ospiti indesiderati, ma in primo luogo, impedisce a noi di gustarci il panorama fuori dai suoi confini.
Liberiamoci dalla paura di affrontare la verita', perche' come diceva Cristo, la verita' ci rendera' liberi.

lunedì 19 novembre 2012

Acquistare Equivale a Votare



Con il passaggio da un'economia rurale basata fondamentalmente sull'autosufficienza alimentare ed energetica e sul baratto  come forma compensatoria per cio' che non si riusciva o non si poteva produrre autonomamente, ad un economia industriale in cui la "vendita" del proprio tempo viene ricompensata con un salario che dovrebbe garantire la possibilita' di acquistare cio' che non si e' in grado di produrre causa mancanza di tempo, l'uomo ha letteralmente scambiato diamanti per sassi.

La liberta' e' una merce senza prezzo, prevedere questo sarebbe stato avere una visione lungimirante del futuro, constatarlo ora, una presa di coscienza necessari, anzi direi indispensabile.

Ci siamo "costretti" a vivere in appartamenti di citta', che non hanno nulla a che fare con i nostri antichi poderi di campagna; compriamo prodotti qualitativamente inferiori rispetto a quelli che i nostri nonni coltivavano o allevavano; acquistiamo oggetti effimeri e poco longevi, la cui necessita' e' sorta a seguito del moderno cambiamento, o meglio, peggioramento, del nostro stile di vita.

Il cammino verso l'autosufficienza si presenta lungo e impegnativo. Il ritorno alla terra diverra' per l'uomo un passo obbligatorio, ma difficile da perseguire. Il taglio con il passato, con le tradizioni, ha minato il nostro essere alla base. Le nostre radici, prima solide e profonde, ora sono deboli e superficiali.
Non impossibile, ma difficile.

Dobbiamo e possiamo, prendere concretamente in mano il timone della nostra vita, dobbiamo e possiamo sin da ora ritrattare, e soprattutto dobbiamo e possiamo rivendicare la possibilita' di cambiare idea.
Indispensabile e' capire che il voto dato nelle urne, il voto dato alla politica, e' un voto simbolico. Indispensabile e' comprendere che il vero voto lo esercitiamo direzionando i nostri consumi, solo questo ci permettera' di riappropriarci della liberta' perduta, o meglio, svenduta.

Gli imperi moderni sono imperi economici. I soldi sono nelle mani di pochi. Nessuna nobile discendenza, pochissime qualita', tantissimo marketing: ecco il ritratto dei nostri leader.
La superficialita' delle nostre scelte ha premiato, non sempre, ma spesso, chi ha saputo vendersi meglio piuttosto che chi forniva vere garanzie sui propri prodotti e possedeva doti eccezzionali per eseguire il proprio lavoro.

Impariamo dunque ad acquistare articoli il cui produttore ci mette la faccia, cerchiamo di premiare chi conosciamo personalmente e chi, il cui lavoro, puo' essere verificato da noi direttamente. 

Non alimentiamo il consumo di prodotti il cui dispendio, sia in termini economici, che in termini ambientali, sia maggiore del guadagno.

Premiamo la vicinanza e la stagionalita'.

Promuoviamo chi rispetta i dipendenti e la comunita' tutta.

Andiamo oltre l'immagine, non decidiamo in base al luccichio della pubblicita'.

In poche parole siamo vigili. Facciamoci per questa volta guidare dal nostro giudizio e non dai nostri sensi.


 

giovedì 15 novembre 2012

Continuamente alla Ricerca


Esattamente non so cosa mi abbia consentito di andare sempre avanti in questi lunghi vent'anni. Gli alti e bassi sono stati all'ordine del giorno, ma la perseveranza non mi ha mai concesso di indietreggiare. 
Semlicemente credo sia merito di quell'ostinato spirito di ricerca che, come un fuoco, alimenta la mie giornate, rendendo i miei passi meno incerti.
Ricercare per me e' talmente naturale, quasi da costringermi, per abitudine, a valutare sempre almeno una seconda possibilita'.
Alle volte mi e' capitato di essere cosi' "fortunata", da cogliere al primo colpo, cio' che sembrava fosse stato fatto a pennello, insomma un abito su misura, ma anche in quei casi, sapendo di non  esserci arrivata mediante la comprensione, bensi' tramite una sorta di casualita', nasceva in me l'esigenza di verificarne, attraverso la ricerca appunto, l'attendibilita'.
In questo modo la meta passa in secondo piano o meglio, il viaggio diviene per me la meta stessa.
Cercando capisco che non sono arrivata da nessuna parte, cercando capisco anche pero' che forse, non c'e' il ben che minimo dubbio che non si debba arrivare da nessuna parte.
Quando mi sento spaesata, confusa, spiazzata, quando per qualsiasi ragione arrivo ad un punto morto, immancabilmente fa capolino sempre lui, lo spirito di ricerca, che mi porta a rimettere in discussione tutti i fattori, o meglio la mia corretta  interpretazione dei fattori stessi.
E' come una fame costante, insaziabile, un'appettito da leoni, una viziosa golosita' nei confronti della vita stessa.
Tutto mi appare come nuovo, come possibile; e' come se ogni volta scoprissi l'acqua calda.
Lo spirito di ricerca mi pungola, mi alza presto la mattina, mi manda a letto tardi la sera.
Lo spirito di ricerca mi sprona ad andare in profondita', a sperimentare cio' che leggo, a provare sulla mia pelle perche' non siano solo parole.
La realta' mi appare in tutte le sue dimensioni. Ricercare per me significa scavare tra le macerie del passato, ma anche partecipare alla costruzione di futuristici grattacieli.
Ha sempre fatto parte di me?
No, non credo. L'apatia, la paura hanno segnato i primi venticinque anni della mia vita.
Nessuna lettura, nessuna passione, pochi sogni.
Poi, la svolta, la Macrobiotica interpretata alla lettera, esattamente come consigliava Ohsawa, cioe' usata come strumento e non come fine, sfregata abilmente come fosse la Lampada di Aladino, indossata come gli Occhiali Magici delle fiabe, interrogata come fosse una Bussola Universale.
Allora, apriti sesamo.... 
Le paure sono svanite come neve al sole. Ora e' piu' facile orientarmi, ora non temo piu' di perdermi.
Posso camminare, correre a perdifiato. Con me la certezza che in qualsiasi momento riusciro' a ritrovarmi.
Per me, niente Macrobiotica, nessun spirito di ricerca. 


venerdì 9 novembre 2012

Crisi come Opportunita'


La sostanziale differenza tra Oriente e Occidente viene evidenziata gia' da una delle prime forme di rappresentanza, cioe' dalla scrittura.

In Occidente, la parola, frutto del pensiero dualista, seziona, specializzando i termini, rendendo tutto piu' frammentario, perseguendo quella ricerca del particolare tanto cara all'uomo tecnico-scientifico del vecchio continente.

L'Oriente, dal canto suo, monista fin dalle origini, attraverso gli ideogrammi, decide di rappresentare un concetto piu' che una prazialita', inquadrando sempre le due facce della stessa medaglia ed individuando la globalita' dei diversi fenomeni che compongono la realta'. 
L'ideogramma, meglio di ogni altra cosa, evidenzia il lato non immediatamente visibile, ma sempre presente, di ogni cosa.
Nulla, come capiamo attraverso l'osservazione, e' totalmente yin o totalmente yang, nulla e' completamente negativo o completamente positivo. La differenza e' costituita dalla composizione dei diversi componenti delle parti.

La parola crisi, sulla bocca di tutti ogni giorno, piu' volte al giorno, seguendo la logica sopra descritta, in Occidente verra' dunque definita impropriamente ( evidenziandone l'accezzione negativa di rottura e  di discontinuita' rispetto al passato,  sempre sottolineandone, come se fosse l'unico, l'aspetto catastrofistico, separatorio, peggiorativo) come una disgrazia, un'incidente di percorso, un'errore frutto di errori.

In Oriente, d'altro canto, avendo ben chiaro il concetto totalitario della realta' tutta, si sa che la crisi, nella sua prima fase, incarnera' si' la terminologia rappresentativa appena descritta, ma, attraverso l'innesco di reazioni antagoniste e complementari, portera' inevitabilmente all'apertura di nuovi scenari, di grandi opportunita', andando a formare picchi piu' alti,  piu' profondi saranno i solchi di sofferenza scavati dalla crisi stessa.

L'occhio dell'Oriente e' volto al futuro, a cio' che verra', al domani, all'unita'. L'occhio dell' Occidente, per contro, guarda con rammarico al passato, constatando cio' che vede, tendendo cosi' alla parzialita', di conseguenza all'incompletezza.

E' la conoscenza di principi come quello del mutamento che rendono saggio l'uomo comune e che gia' attraverso il linguaggio, e cioe' attraverso una delle prime forme di apprendimento, capisce che nulla , ma proprio nulla, sfuggira' a questa regola.
Crisi compresa.



martedì 6 novembre 2012

Amore, Odio, Matrimonio, Divorzio



Domani, 7 novembre 2012, prima e ultima udienza di divorzio.
Nei mesi scorsi appuntamenti, telefonate, documenti, nulla di serio...

Domani 7 novembre 2012 credo condividero' in pieno una frase di Osho, che a grandi linee esorta a  mettere mille ostacoli al matrimonio, ma nessuno al divorzio.

Domani 7 novembre 2012 ammettero' che l'amore, quello che permea l'Universo, lo pulsa, lo nutre, quell'amore insomma, si sa quando inizia ma non si sa quando finisce o, come dice sempre Osho, non finisce mai.

Domani 7 novembre 2012 capiro' che le esperienze della vita non si possono chiudere a comando, ci e' consentito pero' chiuderne la parte burocratica, sancendone date, testimoni e luoghi, ma le ferite, quelle purtroppo no...

Domani 7 novembre 2012, nulla cambiera', nulla succedera', di veramente significativo!

Domani 7 novembre 2012, sapro' che come non avrei potuto e dovuto dire"per sempre" ieri, cosi' non lo potro' dire oggi.

Il tempo scorre, io cambio, il mondo cambia, intorno e dentro me tutto cambia. Per fortuna pero' qualcosa resta.
Resta amore.

Cinzia

giovedì 1 novembre 2012

La Prova del Cuoco, I Menu' di Benedetta e la Cucina del Gusto


Tante sono le trasmissioni di cucina che affollano le nostre reti, anzi tantissime.
La maggior parte dei programmi, che siano di viaggi o scientifici, di intrattenimento come di notizie, hanno imparato a ritagliare uno spazio dedicato alla cucina, fino ad arrivare a trasmissioni di successo, come quella condotta da Antonella Clerici o Benedetta Parodi, in cui le ricette la fanno da padroni.

Ultimamente, con l'avvento dei canali a pagamento, compagnie come Sky, ma non solo, hanno iniziato a mandare in onda canali di sola cucina, come i piu' conosciuti Alice e Il Gambero Rosso Channel.
Nuovi scenari aperti su di un argomento che, utlimamente, fa veramente audience e, che permette di attirare un pubblico pressoche' di qualsiasi eta' e sesso, proprio per la quotidianita' e l'indispensabilita' del tema trattato.

Due, in particolare, hanno colpito la mia attenzione, perche' accomunati dal basso giudizio al quale si ispirano per fare cassetta.
Ohsawa ci insegna che il meccanico, il sensoriale e il sentimentale sono i tre giudizi primari. Essi dominano, ci governano, in forza della loro origine ancestrale e, di conseguenza, istintuale.
L'uomo e, soprattutto l'uomo del ventunesimo secolo, e' dominato dal gusto, dai sensi. Da essi si fa tiraneggiare, trascinare, trasportare in un mondo fatto di soli piaceri temporanei, di mancanza di lungimiranza e di assenza di valutazioni globali.
Il gusto ci porta dove vuole lui, ci chiede instancabilmente il bis, il tris, l'abbondanza. Ci porta di qua e di la', senza che mai o quasi mai abbiamo coscienza di cio' che stiamo facendo.
Dal salato al dolce, dall'acido al piccante, non ci diamo il tempo per gustare, per assaporare, spinti nuovamente alla ricerca di qualcosa le cui sollecitazioni ci stuzzichino nuovamente..

Il nostro giudizio critico, appartenente ai piani piu' alti (intellettuale, sociale, ideologico) viene cosi' completamente scalzato. Dimentichi degli effetti fisici, psicologici e spirituali, concepiamo l'alimentazione semplicemente come il mero riempimento di stomaco o il soffocamento di vuoti esistenziali.

Ebbene, trasmissioni come queste, poggiano la loro fortuna e il loro ascolto, proprio su queste nostre naturali debolezze, incentivandole, sostenendole e, cosa ancor piu' preoccupante, educandoci ad esse.
Gli orari di programmazione, appositamente studiati in modo da richiamare davanti al televisore tutta la famiglia, le canzoncine animate e la puntata speciale del sabato mattina, stringono l'occhio ad un pubblico giovanissimo, ai bambini appunto, che avrebbero bisogno pero' non di essere istigati a soddisfare le proprie golosita', bensi' a risvegliare la propria coscienza critica, in modo da pensare prima di mettere mano a frigorifero e dispensa.

L'argomento dell'alimentazione dipende e fa dipendere da se' una serie cosi' vasta di concetti prioritari come quello della salute, delle politiche sociali, dell'economia famigliare, nazionale e mondiale e non per ultimo quello dell'educazione e, relegarlo ad un mero discorso di palato, significa ridurlo al piu' infimo dei termini possibili.

Personalmente credo che, data l'enorme possibilita' dell'essere visibili a quell'ora, da un numero cosi' vasto di persone, sia un grande errore non approfittarne anche per istruire, almeno un po', il pubblico televisivo, aiutandolo nella scelta di uno stile di vita maggiormente sostenibile, per se, per la comunita', per l'intero pianeta.
E chissa', che mentre cio' accade, anche la dolce Antonellina non  cresca, non migliori, non dimagrisca e, perche' no, non guarisca...
Scusa Antonella, ma a tacere non ce la potevo fare.